Cannes, dove l’arte si fa resistenza e la libertà trova voce

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“L’arte cerca la libertà. Unisce le persone, include la diversità. Ecco perché rappresentiamo una minaccia per gli autocrati e i fascisti del mondo, ma la creatività non ha prezzo”.

È con queste parole taglienti e viscerali che Robert De Niro ha squarciato la superficie dorata del 78° Festival di Cannes. Un urlo che sovrasta gli applausi, che non cerca consensi ma scuote le coscienze. Non una semplice cerimonia, ma una vera e propria chiamata alle armi culturale, dove la Palma d’Oro onoraria diventa un simbolo di lotta, un vessillo di libertà. De Niro non recita, vive il momento. Il suo discorso è un atto di resistenza lucida contro l’ignoranza che minaccia l’arte, contro chi vorrebbe zittire la cultura e piegare il pensiero critico. Denuncia un’America sotto scacco, ma il suo grido attraversa l’oceano: riguarda tutti noi. È un invito – anzi, un dovere – a non restare fermi.

 

Cannes

 

Leonardo DiCaprio lo abbraccia come un figlio grato, e le lacrime negli occhi non sono scena, ma segno. “Un modello, il nostro idolo”, lo definisce. Ma è più di questo: è lo specchio inquieto di un’epoca che non si arrende.

E Cannes non si limita a celebrare. La cerimonia si trasforma in un atto politico, collettivo. Juliette Binoche, presidente di giuria, non tace. Rompe il silenzio e lo fa con nomi e storie: quella di Fatima Hassouna, giovane fotoreporter palestinese uccisa con la sua famiglia in un bombardamento a Gaza, proprio quando il suo film veniva incluso nella selezione ufficiale. L’arte, ancora una volta, sopravvive alla morte, si fa memoria e resistenza. “Cambiare rotta”, dice Binoche.

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Perché oggi più che mai, l’arte non può essere neutra. In una sala che ha visto passare i giganti del cinema, tra standing ovation e immagini struggenti di Lynch e Tarantino, ciò che resta non è solo la bellezza visiva. È la consapevolezza che il cinema, come ogni forma d’arte autentica, ha una responsabilità: raccontare, disturbare, far pensare. In un’epoca in cui l’estetica rischia di diventare anestetica, Cannes si erge come bastione di senso. Il tappeto rosso non è solo un simbolo di glamour. Diventa strada di memoria, passione e battaglia. Non per caso De Niro chiude il suo intervento con un monito:
“In ballo c’è la democrazia. Dobbiamo agire, ora.”

Il cinema non salverà il mondo. Ma chi tace, lo consegna all’oblio.

Cannes non offre risposte, ma pone le domande giuste. E in tempi così incerti, questo è già un atto rivoluzionario.


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