Hayao Miyakazi, il più grande esponente regista di animazione Giapponese, torna al cinema dopo una lunga pausa di riflessione con il suo ultimo film “Il ragazzo e l’airone”.
Riesce a star sul pezzo con le ultime uscite, tant’è che si aggiudica l’incasso di due milioni di euro con un risultato strabiliante al passo del suo ultimo rullo “Si alza il vento” (2013).
Posizione non scontata dal momento che ora le sale cinematografiche sono alle prese con il film successo della Cortellesi “C’è ancora domani”.
Il maestro Hayao Miyakazi riesce a far combinare, in modo magistrale e senza rendersene conto, i vari gusti di un pubblico variopinto; ed ecco che le sue opere sono colme di fascino ed incantevoli.
La trama racconta di un bambino di nome Mahito Maki che spinto dalla curiosità e dall’aiuto del suo airone parlante scopre nella sua nuova casa la presenza di una torre abbandonata. Il protagonista sarà talmente tanto attratto dal mistero che andrá in fondo a questa storia, scoprendo addirittura la prese di creature fantastiche e particolari. Ma sarà all’altezza il protagonista principale nel mettere ordine tra realtà e fantasia?
Il favoloso Sensei cosa vuole trasmettere con questo capolavoro?
Affronta tematiche molto importanti e delicate, soprattutto in questo periodo storico in cui la delicatezza, i sentimenti e il sentirsi inadeguati dovrebbero essere tematiche dà sensibilizzare con più attenzione. Infatti, sono presenti tantissime chiavi di lettura diverse, perché il regista tende a creare domande piuttosto che fornire risposte. Infatti, si interroga continuamente a chi potrà lasciare tutta la sua eredità.
La morte è la vera protagonista ed i personaggi si interrogano sul vero senso dello stare al mondo. Il concetto della trasformazione è sempre stato un punto cardinale e fondamentale dei suoi film.
È possibile che sia autobiografico?
Inoltre, vi è un grande filone a cui il regista tiene particolarmente, ossia la perenne ambivalenza tra il reale ed il fantastico, tra l’umano e l’animale ed il simbolismo collegato alla metafora. Tutto questo, racchiude una poesia delicata che sfiora l’iperuranio, sommando tutto il suo cinema.
Altri capolavori da non perdere del realizzatore sono sicuramente “Il castello errante di Howl”(2004), “La città incantata” (2001), “Porco rosso” (1192) e “Si alza il vento” (2013) quindi buona visione!
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