Il caso Almasri

Eleonora Ono

L’arresto e la successiva scarcerazione del comandante libico, Njeem Osama Almasri, capo della Polizia giudiziaria, accusato di gravi crimini contro l’umanità dalla Corte Penale Internazionale, hanno confermato i tanti dubbi sulla validità di un sistema penale Internazionale.

Il 18 gennaio, la Corte Penale Internazionale ha emesso, con il voto favorevole della maggioranza, un mandato d’arresto per il generale libico Almasri (dando seguito alla richiesta avanzata lo scorso 2 ottobre dal procuratore dell’organismo) per crimini di guerra e contro l’umanità commessi nella prigione di Mittiga, vicino Tripoli, dal febbraio 2011.
In seguito è stato localizzato a Torino il 19 gennaio ed è stato arrestato.
Gli atti sono stati inviati alla Corte d’Appello di Roma, l’autorità competente per la cooperazione tra l’Italia e la Corte Penale Internazionale.
Nei tribunali di Roma è però emerso un cavillo che ha impedito di proseguire con l’arresto. Per la Corte d’Appello, infatti, la polizia italiana aveva agito in base alle norme sugli arresti estradizionali, ma in questo caso avrebbero dovuto essere applicate altre due leggi che regolano la cooperazione con la Corte dell’Aja. Queste leggi prevedono che, prima di procedere, sia necessaria “un’interlocuzione tra il ministro della Giustizia e la Procura generale della Corte d’Appello di Roma”.

Dunque, la polizia non avrebbe potuto arrestare Almasri senza l’autorizzazione del ministro della Giustizia, che avrebbe dovuto ricevere una richiesta ufficiale dai magistrati della Corte Penale Internazionale. Quando la Corte d’Appello ha rilevato l’irregolarità e ha chiesto chiarimenti, il procuratore generale ha ritenuto l’arresto “irrituale”, ma non illegittimo, e ha chiesto al ministero della Giustizia come procedere.

A quel punto, il ministro Carlo Nordio avrebbe potuto risolvere la questione autorizzando il proseguimento dell’arresto in base alla richiesta della Corte Internazionale. Ma Nordio non avrebbe risposto al procuratore generale, lasciando che i magistrati procedessero alla scarcerazione di Almasri, poiché non c’erano i presupposti legali per convalidare l’arresto.

 

 

Alberto Balboni, senatore di Fratelli d’Italia

 

Vicenda Almasri, Balboni (Fdi): Errori procedurali nella prima fase, poi una scelta politica

È successo che la scarcerazione di questo pericoloso criminale è stata disposta dalla Corte d’Appello, non dal governo. Perché la Corte d’Appello ha disposto la scarcerazione? Perché l’arresto non era avvenuto secondo le regole. Chi conosce un po’ il Codice di procedura penale sa che, quando si convalida un arresto, bisogna valutare se esistevano le condizioni di legittimità al momento dell’arresto, non ex post. Perché mancavano le condizioni di legittimità per convalidare l’arresto?

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Perché la Corte Penale Internazionale ha sbagliato, nel senso che non ha trasmesso la richiesta al Ministro della Giustizia, che è l’organo competente, per quanto riguarda l’Italia, a ricevere quella richiesta. Era un vizio che non poteva più essere sanato, quindi la scarcerazione è stata disposta dalla Corte d’Appello, che ha rilevato un vulnus procedurale.

Dopodiché a quel punto il governo aveva due scelte: o procedere di nuovo a un secondo arresto, ma occorrevano ulteriori condizioni che richiedevano tempo, perché il Ministro della Giustizia aveva ricevuto da poco gli atti e centinaia di pagine andavano ovviamente approfondite e studiate (sottolineo che la Corte Penale Internazionale ci ha messo mesi prima di deliberare il mandato d’arresto, non è che si può pretendere che il Ministro della Giustizia ci metta minuti), oppure, come invece a quel punto si è fatto, per la ragione di Stato di cui si è detto, ritenere che c’erano ragioni di sicurezza nazionale che imponevano che questo criminale venisse immediatamente espulso dall’Italia.” Così Alberto Balboni, senatore di Fratelli d’Italia e presidente della commissione Affari Costituzionali del Senato, intervistato da Francesco Borgonovo ai microfoni di Calibro 8.

Sulla vicenda Almasri ci sono due passaggi diversi: c’è il tema della mancata convalida dell’arresto, e quello è un tema giuridico; poi c’è il tema tutto politico di che cosa fare nel momento in cui la scarcerazione è stata disposta dalla magistratura. E lì il governo ha deciso legittimamente: è un atto di discrezionalità politica che non può essere sindacato a mio avviso dalla magistratura, perché è un atto sovrano e a quel punto, giocandosi un tema di sicurezza nazionale, il governo ha deciso per l’espulsione, come in tanti altri casi.

Se questo sia avvenuto sulla base di accordi con la Libia o semplicemente per un motivo di sicurezza nazionale slegato da ogni obbligo giuridico internazionale, questo non lo so, non lo posso neanche sapere, perché se anche esistessero, questi accordi sarebbero coperti dal segreto di Stato. Non è certo la prima volta che questo avviene.


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