Kento: Musica, Cinema e Impegno Sociale

Eleonora Ono

Per le nostre interviste di Wonderyou, oggi abbiamo avuto il piacere di far una chiacchierata con Kento, pseudonimo di Francesco Carlo, rapper e scrittore di Reggio Calabria. Fa parte dei Kalafro, collettivo rap/reggae molto legato alla terra di origine, il cui LP “Resistenza Sonora” (2011) è passato alla storia come il primo disco “prodotto dalla mafia”, appunto perché finanziato con i proventi dei beni sequestrati ai boss.

Ultimamente Il dialetto è tornato all’interno dei testi delle canzoni, un valido gesto per far conoscere le origini e le culture delle varie regioni. Raccontaci com è stato collaborare con Mimmo Cavallaro e scrivere finalmente il testo di “Mirjiu” nella vostra lingua?

Sicuramente una grande emozione sia per lo spessore artistico di Mimmo che per l’opportunità di tornare, dopo tanto tempo, a scrivere nel nostro dialetto, che utilizzo abbastanza poco nella mia produzione. La Calabria ha una composizione linguistica molto frastagliata e il dialetto cambia in modo a volte radicale da zona a zona, quindi non esiste una koinè, un “calabrese condiviso”. Tutto ciò è molto affascinante dal punto di vista storico e morfologico, ma complica molto il lavoro di chi vuole comunicare, perché non tutte le persone che vengono dalla mia stessa regione capiranno ogni parola di ciò che dico. Quindi una sfida, ma una sfida che ho affrontato con molto entusiasmo. Un indimenticabile maestro della poesia meridionale come Ignazio Buttitta diceva che un popolo diventa povero e servo quando viene derubato della propria lingua madre: ecco perché è ancora più importante valorizzarla e preservarla.

 

Kento

 

Com è stato debuttare sul grande schermo nel film “Il mare nascosto” di Luca Calvetta?

Non avrei pensato, fino a poco tempo fa, di fare l’attore cinematografico, e da questo punto di vista ho un immenso debito di gratitudine nei confronti del regista, che mi ha cercato con molta convinzione e ha saputo rispondere ai dubbi e alle perplessità che sorgevano in me. Ho cercato di mettere tutta la serietà e la passione in questo impegno, studiando bene il personaggio, e lavorando insieme a Calvetta sulla costruzione e lo sviluppo dello stesso. Sul set, ho cercato di carpire quanto più possibile da Ascanio Celestini, che è un gigante non solo come attore ma come intellettuale in generale, e sinceramente sono molto contento del risultato. Il successo del film da un lato mi sta cogliendo di sorpresa perché si tratta di un’opera underground, completamente al di fuori dei circuiti cinematografici più blasonati ma, sinceramente, dal punto di vista artistico trovo che ognuno di noi abbia dato il meglio e che la pellicola non abbia niente da invidiare a tante produzioni multimilionarie.

Grandi premi ed emozioni per Il magna Grecia Film Festival, cosa ti ha colpito di più di questa cerimonia?

Mah, sinceramente è stato un po’ surreale sfilare sullo stesso tappeto rosso di Kevin Kostner e Richard Gere… purtroppo non avevo portato con me lo smoking, ma mi rifarò la prossima volta! Scherzi a parte, sono molto fiero di un premio ricevuto in Calabria da un festival con un nome ed una storia così importanti. Anche qui, vedere premiato un film indipendente come il nostro ci dà una bella speranza che alle voci “non allineate” sia riconosciuto sempre più spazio. Tra l’altro, nei prossimi mesi, il film sarà ospite in altre rassegne molto importanti, e non è detto che le sorprese siano finite…

Puoi indicarci il testo più difficile che hai scritto?

Se un testo mi viene difficile da scrivere, lo getto via. Significa che l’argomento non è ancora maturo o non ho le idee chiare. In ogni caso, devo studiare e riflettere ancora. Quando un argomento è pronto nella mia mente, gli argomenti fluiscono liberamente uno dietro l’altro, e non si incontra alcuna difficoltà nel fare scorrere la penna sul foglio.

Il 27 agosto parteciperai ad un evento “Libri che liberano” (leggere e scrivere in carcere), ci vuoi parlare di cosa si tratta e di come riesci ad entrare in connessione con queste realtà difficili?

Sono ormai molti anni che collaboro sia come rapper che come scrittore con varie carceri, che siano minorili o per adulti. “Libri che liberano” è un’iniziativa per supportare la biblioteca del carcere di Arghillà a Reggio Calabria, donando dei libri ai detenuti. Da sempre si dice che la cultura è l’antidoto a determinate scelte di vita e la cura per la solitudine e la rabbia: iniziative come queste sono un piccolo ma importante modo per mettere in pratica questa idea.

 

Kento

 

Secondo te c’è un modo fattivo per migliorare il sistema carcerario?

Secondo me è difficile immaginare un futuro in cui, in un paese civile, possa esistere un’istituzione come il carcere minorile. A prescindere dagli errori, che ovviamente esistono e non possono essere taciuti, non credo che rinchiudere un ragazzo di 14 o 15 anni in una cella con lo spioncino pure al cesso possa servire a risolvere qualcosa, e meno che mai a farlo diventare un cittadino modello. Sono decenni che si parla di superare definitivamente l’esistenza del carcere minorile ma purtroppo, con l’aria che tira, vedo questo superamento più lontano che mai.

Com è nata e quando l’idea di creare laboratori all’interno del carcere?

Quasi 15 anni fa e più o meno per caso… il punto è che è una di quelle esperienze da cui è difficile liberarsi, e che ti segnano profondamente. Ti sorprendi a pensarci praticamente tutto il giorno, e allora devi scegliere se isolarti del tutto oppure buttartici a capofitto. Penso sia chiaro quale è stata la mia scelta.

Solitamente quanto tempo impieghi a scrivere un disco?

Scrivo in maniera molto rapida e naturale, ma un disco non è solo scrittura. L’ideazione e messa a punto del concept, di una tracklist equilibrata e, soprattutto, tutti gli adempimenti tecnici e burocratici sono di gran lunga i tempi più lunghi per me.

Dove fuggi per scrivere?

All’interno della mia testa. Con la vita che faccio, mi capita praticamente sempre di essere in viaggio, e quindi tendenzialmente scrivo al gate degli aeroporti oppure sul treno. Mi capita anche di sognare una rima o un concetto, svegliarmi, appuntarmela e rimettermi a dormire. Il problema è che non sempre, la mattina dopo, riesco a decifrare quello che magari alle 3 di notte mi sembrava una genialata…

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Con quali nuovi artisti inizieresti una collaborazione?

In questo momento sarei interessato a delle collaborazioni al di fuori del mondo del rap. Diciamo che la traccia insieme a Mimmo Cavallaro mi ha fatto rinascere l’amore per un sound più analogico e legato alle radici. Chissà…

Cosa diresti al Francesco Kento di 20 anni fa?

Fai meno cazzate e concentrati su ciò che è davvero importante.

Cosa racconta il tuo audio documentario “La città invisibile“? Dove si trova?

Il documentario è prodotto dalla RadioTelevisione Svizzera di lingua italiana e si trova sul sito della RSI. Offre uno sguardo inedito e, secondo me, molto particolare sulla città di Reggio Calabria e la zona che la circonda. Parte da una provocazione: e se, invece di considerare l’estremo Sud “la fine” dell’Italia, lo considerassimo il suo inizio?

Cosa pensi dell’Auto- Tune? Ti è capitato di farne uso?

Tutti gli strumenti sono utili e interessanti se vengono trattati con gusto e con intelligenza. Il problema non è assolutamente l’autotune o la trap o la modernità. Il problema è quando la musica viene asservita alle logiche del capitale e del mercato senza avere nessun tipo di ambizione se non quella di generare dei profitti.

Cosa ha rappresentato per te la web series “Barre Aperte” del 2022?

Barre Aperte, prodotta dall’associazione Crisi Come Opportunità, offre la prospettiva inedita di una serie girata integralmente all’interno delle carceri minorili italiane. Rappresenta il mio esordio assoluto alla regia, ed è stato un esordio molto fortunato, tanto è vero che ha vinto l’Hip-Hop Cine Festival l’anno scorso. Si tratta di un progetto ambizioso, strutturato in otto puntate e distribuito da Repubblica TV, dove si può vedere integralmente e gratis.

Il tuo prossimo progetto?

Non posso dirti ancora nulla se non che sto scrivendo…


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