L’incognita Trump e la strategia del suo linguaggio.

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Come il rieletto Presidente degli stati uniti utilizzi la brutalità comunicativa a fini politici.

Dopo la sua rielezione, il mondo si è chiesto se il Presidente Trump, a causa del suo colorito linguaggio, ci sia o ci faccia. Verrebbe da pensare alla prima ipotesi, vista anche la bizzarra capigliatura da fistone turco e il colorito costantemente artificiale del suo volto. Ma, analizzando il contesto, non si può negare che la sua sia una strategia mirata e spesso molto efficace.

Anzitutto, bisogna considerare che l’America delle metropoli, del grande complesso capitalistico, ha un orientamento molto più democratico, come si è visto nei sondaggi e nello spoglio delle schede elettorali. Tuttavia, non dimentichiamoci il resto dell’America: quella più sconfinata, quella delle camicie a quadri e degli stivali in cuoio, quella dei campi e dei colossali pick-up impolverati. Quella è l’elettorato tipo di Trump, molto più numeroso, populista, emotivo e con meno dimestichezza nei ragionamenti economici del Paese.

The Donald non fa altro che assecondare il loro modo di essere, utilizzando una comunicazione diretta, spesso brutale, per distinguersi ai loro occhi da tutta una serie di ex presidenti che non li capivano. È qualcosa di simile all’espressione “Uno di noi”, come si direbbe in Italia, e non a caso anche nel nostro Paese Trump ottiene consensi nella stessa categoria di elettori.

Trump

Egli utilizza una comunicazione divisiva, in primis per dare l’impressione di un netto distacco da coloro che, a suo dire, hanno reso l’America debole e hanno permesso il suo saccheggio economico da parte del resto del mondo. Una sorta di tecnica per evidenziare un problema che spesso non esiste, per poi proporre la sua soluzione, drastica e spietata, al fine di arricchire nuovamente le élite, impoverendo l’elettorato stesso.

Inoltre, utilizzando un bullismo verbale – a volte un vero e proprio turpiloquio – è capace di distogliere l’attenzione delle masse dai problemi concreti del suo Paese. Riguardo poi al suo modo di fare contraddittorio, riesce persino a darsi un’aura autoritaria, in netto contrasto con l’espressione democratica della Costituzione americana. Un apparente distacco da quelle lobby che tanto hanno danneggiato il Paese, ma facendone anch’egli parte, cosa può fare se non tenere il piede in due scarpe quando necessario?

Ma fra una manovra e l’altra, gli americani sono traumaticamente distolti da un vero e proprio bombardamento giornaliero di dichiarazioni dai toni forti, capaci di far dimenticare in meno di un secondo quanto successo l’attimo prima.

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In più, questa straordinaria tecnica di comunicazione avviene in un’epoca in cui i Paesi autoritari stanno cercando di minare le democrazie, al fine di emergere e creare un nuovo ordine mondiale basato sul bilateralismo, anziché sul totale dominio degli Stati Uniti. Un’opportunità che lui utilizza per rafforzare la tenuta di quel piede in scarpe via via sempre più scomode, giocando su un’ambiguità strategica capace di districarsi nei labili confini delle ideologie contrapposte.

Tornando al quesito iniziale, sì: Trump può anche esserci, avvaliamoci del beneficio del dubbio.
Ma sicuramente ci fa.
Bisogna solo capire a che prezzo.


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