Quando l’arte si esprime sul proprio outfit.
E’ difficile immaginare che il proprio outfit potesse trasformarsi in un’opera d’arte, e soprattutto che questo diventasse una moda intramontabile nel tempo. Eppure l’estro della marchesa Luisa Casati Stampa riuscì a centrare l’obiettivo.
Nata a Milano nel 1881 da una famiglia di ricchissimi imprenditori tessili, Luisa Amman fece la sua ascesa nella nobiltà sposando il marchese Camillo Casati Stampa di Soncino, acquisendone il titolo. Ma l’idillio del matrimonio durò poco, almeno finchè non ebbe la più importante delle sue numerose relazioni con il Vate Gabriele d’Annunzio.
Con lui fu un autentico colpo di fulmine: Il poeta la ricorda nel loro primo incontro ad una cena come una creatura esile e molto alta, quasi androgina, ma capace di un carisma che lo stregò completamente.
Ambiziosa e soprattutto narcisista, ebbe modo di vivere in disparate città italiane, fra le quali Venezia, acquistando palazzo Venier dei Leoni (oggi sede della fondazione Peggy Guggenheim) dove numerosi testimoni la videro girare a notte fonda in gondola completamente nuda, oppure ricoperta solo da una vistosa pelliccia, accompagnata da due ghepardi con guinzagli intrisi di pietre preziose e da altrettanti valletti di colore.
C’è chi giura che per le sue incredibili feste mondane utilizzasse l’intera piazza San Marco, e non è difficile crederlo visto il suo immenso patrimonio ereditato dalla sua famiglia e da Camillo di Soncino. In questo sontuoso palazzo creò il suo personale giardino incantato, costellato di corvi albini, ghepardi, pavoni e persino un boa.
I suoi eccentrici costumi li fece realizzare esclusivamente da maestri dello stile, mentre un particolare abito avvolto da lampadine lo commissionò ai costumisti dei Ballets Russes. Abito che le procurò uno shock elettrico.
D’Annunzio ricorda la sua passione per l’occulto, cosa di cui nemmeno lui fu all’oscuro. Le messe nere che la marchesa inscenava altro non erano che pretesti per sfoggiare il suo estro nel vestire e nel farsi notare attraverso l’originalità dell’evento stesso.
A Capri acquistò un altro sontuoso palazzo, Villa San Michele, ove adibì intere stanze a tema occultista per svolgere sedute spiritiche ed altri esoterismi. Nell’isola venne soprannominata strega, cosa di cui andava orgogliosa al punto da uscire totalmente vestita di nero, con veli anch’essi neri, ricamatissimi e con dei boa ammaestrati intorno al collo.
Una donna che amava farsi notare a qualsiasi costo: ricopriva il suo corpo e qualunque essere vivente o oggetto portasse con sé di gioielli, e indossava perennemente dei copricapi con l’immancabile pizzo a ricoprirne il volto.
Con i suoi immancabili ghepardi e valletti esotici vestiti d’oro, passeggiava con il cerone per sbiancare ulteriormente la pelle, ed era consona umettarsi gli occhi di belladonna per dilatare le pupille.
A Parigi la ricordarono tutti presentarsi con quello che oggi sarebbe uno stile gotico: tutta in nero – nemmeno a dirsi – con una sfera di cristallo fra le mani.
Organizzò mostre, fece da mecenate e amante a tanti giovani artisti, ben sapendo che il tutto era finalizzato ad accentrare l’attenzione su sé stessa, visto che per quanto si sforzasse non riuscì mai a comunicare il suo talento artistico in nessuno dei metodi convenzionali.
Giovanni Boldini, Jean Cocteau, Filippo Tommaso Marinetti, Man Ray, Alberto Martini, Cecil Beanton e Giacomo Balla furono alcuni nomi i quali gravitavano intorno alla divina marchesa, come veniva soprannominata.
D’Annunzio ne fu talmente affascinato da soprannominarla “Ariel”, lo spirito insolente della Tempesta di Shakespeare.
Una scialacquatrice immensamente ricca, ma non essendo una buona amministratrice del proprio patrimonio morì in assoluta povertà. I pochi soldi che le rimasero li investì in essenze, pendolini e tavole ouija, per poter perseguire la professione di maga e consulente spiritica occasionale.
Una vita certamente sopra le righe, forse troppo materiale ma certamente spumeggiante. Una concezione dell’arte su sé stessa che non avremmo mai immaginato potesse essere concepita, la marchesa Casati Stampa fu un’icona rappresentata ancora oggi attraverso certi look che molti artisti inscenano sul palco.
Forse più leggenda che realtà, è certo che i Casati Stampa fecero sempre parlare di sé attraverso le loro bizzarrie occulto-sessuali. Che siano l’incarnazione maledetta di qualche dea degli inferi trasmigrante di generazione in generazione?
Nato a Milano il 9 Agosto 1974, ha conseguito studi ed esperienze lavorative di progettazione meccanica. Agli inizi del 2000 quasi per gioco coltiva l’hobby della scrittura, divenendo inaspettatamente giornalista pubblicista. Ha collaborato con svariati quotidiani scrivendo di cronaca e inchiesta, nonché con magazines mensili dedicati alle auto storiche per via della sua passione per il collezionismo automobilistico di nicchia. Oggi lavora in una fondazione nel centro di Milano, ma non appena il tempo glielo consente, ne approfitta per condividere notizie ed opinioni. La sua citazione preferita, come un mantra, la ruba al celebre film “Scent of woman,” in cui Al Pacino, nei panni di un colonnello non vedente dell’esercito, risponde alla domanda del suo giovane badante sull’ammirazione che ha delle donne: “Le donne le amo sopra ogni cosa. Al secondo posto, ma con lunga distanza… c’è la Ferrari.” Carpe Diem.