L’ultimo gancio di una leggenda: addio a Nino Benvenuti

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Se n’è andato a 87 anni Giovanni “Nino” Benvenuti, il pugile che con i suoi guantoni ha scritto pagine indimenticabili della storia sportiva italiana. Un campione nello sport e nell’anima, capace di trasformare la sofferenza dell’esilio in forza, il dolore in gloria.

L’Istria nel cuore e l’Italia sul podio

Nato a Isola d’Istria il 26 aprile 1938, Nino ha vissuto da bambino il trauma dell’esodo giuliano dalmata. Un passato mai dimenticato, che ha segnato la sua identità e la sua determinazione. Da profugo a simbolo nazionale, ha conquistato l’oro olimpico nei welter ai Giochi di Roma del 1960, per poi proseguire con una carriera fulminante: campione del mondo nei superwelter (1965-1966), campione europeo dei medi (1965-1967), campione del mondo nei medi (1967-1970). È stato il primo italiano ad entrare nella International Boxing Hall of Fame nel 1992 e l’unico ad aver detenuto il titolo mondiale in due categorie di peso riconosciute.

 

 

Un combattente dentro e fuori dal ring

Con 90 incontri disputati – 82 vittorie (35 per KO), 7 sconfitte, 1 pari – Benvenuti ha reso il pugilato una disciplina di eleganza e tenacia. Il suo leggendario match del 1967 contro Emile Griffith resta ancora oggi nella storia come “Fight of the Year”. Ma la sua battaglia più grande è stata quella della memoria: ha usato la sua fama per raccontare la tragedia dimenticata delle foibe e dell’esodo, attraverso il libro “L’isola che non c’è” e il fumetto autobiografico “Il mio esodo dall’Istria”.

La memoria come riscatto

Come alberi, ci hanno strappato le radici”, scriveva Benvenuti. E da quegli strappi ha saputo generare forza. La boxe era la sua seconda patria, ma la prima – l’Istria – non ha mai smesso di portarla nel cuore. Ha trasformato l’esilio in una missione culturale e civile, diventando una delle voci più autorevoli nel Giorno del Ricordo, il 10 febbraio.

 

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Un uomo, un simbolo

Non solo sportivo ma anche attore e giornalista, Benvenuti è stato protagonista del grande schermo negli anni ’60 e ’70, e dal 1979 era iscritto all’albo dei pubblicisti del Lazio. La sua storia è quella di un’Italia che ha saputo rialzarsi. Il suo “Papà, ce l’ho fatta” pronunciato sul podio olimpico, è diventato il grido collettivo di una generazione dimenticata.

Con la scomparsa di Nino Benvenuti, non perdiamo solo un campione, ma un testimone del Novecento. Un uomo che ha saputo far brillare la luce della dignità dove altri vedevano solo ombre.


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