L’umanità smarrita: un grido contro l’indifferenza

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Era un giorno qualunque, una corsa in metropolitana come tante altre. La vita che scorre nel sottosuolo, tra sguardi che si evitano e pensieri annegati nello schermo di uno smartphone. Ma poi, in quel vagone, un’immagine ha squarciato il velo dell’indifferenza: un uomo, non più di 45 anni, camminava a fatica, le gambe scoperte segnate da piaghe raccapriccianti, una ferita infetta che gridava soccorso. Eppure, l’unico rumore era quello del silenzio, rotto solo da sguardi schifati e atteggiamenti di fastidio.

La prima reazione istintiva? Aiutarlo. “Deve andare in ospedale“, gli ho detto, con la convinzione che qualcosa si potesse ancora fare. Lui mi ha guardata, poi, come un’ombra tra la folla, è svanito alla fermata Duomo. E io sono rimasta lì, con il cuore gonfio di tristezza e un interrogativo che brucia dentro: quando abbiamo smesso di essere umani?

 

umanità smarrita

 

Viviamo in un’epoca in cui la tecnologia ci ha reso più connessi che mai, eppure siamo terribilmente distanti. Si urla dietro a uno schermo, si giudica senza pietà, si consuma ogni cosa con la rapidità di un like. Ma quando c’è da guardare negli occhi la sofferenza, si distoglie lo sguardo. Preferiamo indignarci per il gossip del giorno, per l’ennesimo teatrino social di qualche influencer, mentre accanto a noi c’è chi non ha nemmeno un letto dove dormire.

Quell’uomo forse non ce la farà. La sua gamba, se non verrà curata, potrebbe andare in cancrena. Ma non è solo la sua carne a marcire, è la nostra coscienza che sta morendo. Non accetto di sentirmi dire “questa è la realtà di oggi“. Perché la realtà si può cambiare, e ogni granello di sabbia in più può fare la differenza. Basta un gesto, un atto di umanità per invertire la rotta. Non possiamo continuare a far finta di niente.

 

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L’era digitale ci ha tolto l’empatia? Forse è tempo di riscoprire la preistoria dei sentimenti, quando la sopravvivenza era collettiva e non individualista. Perché senza umanità, siamo solo involucri vuoti.

A chiunque legga queste parole, dico: fermiamoci. Guardiamo. Agiamo. L’indifferenza è una scelta, e oggi possiamo scegliere di essere diversi.


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