“Non dirmi che hai paura”: il sogno di Samia al cinema

Eleonora Ono

Non dirmi che hai paura, opera in concorso alla 22a edizione di Alice nella Città, già Menzione Speciale della Giuria al Tribeca Film Festival 2024, è una pellicola tratta dal romanzo di Giuseppe Catozzella, che vince la prima edizione del premio strega Giovani nel 2014.

Samia nata nella Mogadiscio segnata dalla guerra civile che, sin da piccolina, si accorge di correre più veloce di tutti.

Il cinema in questi casi può aiutare davvero tantissimo nella costruzione di una storia che coglie la maggior parte delle sfumature presenti nella stesura cartacea.

L’arrangiamento di Yasemin Şamdereli (che dirige in collaborazione con Deka Mohamed Osman) l’avventura si impreziosisce con la presenza di un personaggio in particolare, Alì, l’amico fidati che l’allena e la sostiene.

 

Non dirmi che hai paura

 

Questa pellicola narra della vita difficile di Samia che nel 2008 rappresenta la Somalia ai giochi olimpici di Pechino.
È una ragazza piena di coraggio, audacia e forza di volontà che possiede un sogno, quello di partecipare e vincere le olimpiadi nella sua specialità che è la corsa, e si lascia guidare da esso, facendo cose impensabili: correre senza velo, subendo le rappresaglie degli estremisti al potere.

La trama

Samia nasce a Mogadiscio, in Somalia, durante una terribile guerra civile. All’età di 9 anni scopre di avere un grande talento: è più veloce di tutti gli altri. Con l’aiuto del suo migliore amico Ali, Samia trasforma questo talento in un sogno: rappresentare la Somalia ai Giochi Olimpici di Pechino nel 2008. Samia arriva ultima nella gara dei 200m femminili, ma il mondo intero ha fatto il tifo per lei in un momento davvero magico.
Al ritorno in Somalia, Samia diventa bersaglio delle rappresaglie dei governanti islamici del Paese perché ha corso senza velo, un peccato mortale imperdonabile. Rischiando la vita, la ragazza decide di intraprendere il viaggio per raggiungere l’Europa. La storia di Samia racconta il coraggio di una giovane donna che sfida un regime brutale e lotta per la sua libertà e per il suo futuro

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È evidente il fil rouge con Garrone “io capitano” che però, a differenza del regista, attraverso la fotografia di Florian Berutt, si distingue proprio grazie ad un immagine vagamente più delicata, cercando anche di entrare in un’ottica di un pubblico più adolescenziale.
Dal momento che le immagini del rullo sono sin da subito forti e brutali, a causa della battaglia civile; ed anche perché evidenziano un destino tragico di una ragazza che viene prima ammirata dal mondo fuori, poi imprigionata dai suoi connazionali (quindi inibita alla vista altrui), infine sommersa e dimenticata da quell’occidente che l’aveva vista sfidare la sua nazione tormentata.

 

Non dirmi che hai paura

 

La commozione è in ogni angolo di girato, il cuore pulsante dell’opera cinematografica è proprio questo fuoco acceso e quest’ardore di questa ragazza che non si affievolisce nonostante le sofferenze e le intemperie del fato. Un vero ed autentico invito a rimanere sempre con i piedi ben saldi per non mollare mai.


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