Incontri sospesi nel gusto e nell’arte

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C’è sempre un pizzico di avventura, un misto di stupore e allegria nello scoprire il bello e il buono del nostro paese, dal nord al sud. E poi la tavola che vuol dire festa, colori, sapori, stare insieme e ridere… e poi, quando il tutto e legato dall’arte è una vera gioia in tutti i sensi.

L’arte, l’aceto e lo chef, l’incontro virtuale

Elisabetta Rogai, l’artista che ha “scoperto” il vino per dipingere, usandolo al posto del colore, tecnica EnoArte. Vivo in Toscana e uso, logicamente per comodità, i vini della mia regione, li ho usati anche per fare il Drappellone del Palio dell’Assunta del 2015, l’anno dell’Expo. Nel mondo dell’’enologia toscana, a parte qualche brand che ha percorso una crescita individuale, in linea di massima esistono ancora tradizioni autoctone dalle caratteristiche locali, ed è ben salda l’impronta artigianale che è la cosa più importante. Negli ultimi anni, nel mondo del vino così come in quello dell’enogastronomia, è cambiato molto perché sono entrate in campo parole d’ordine inedite come vini artigiani, naturali, e importanti concetti di territorialità.

Elisabetta cosa cerchi e trovi nel mondo del vino? Il vino fra i migliori, un bel dipinto viene da un ottimo vino, io vivo la sensazione di far parte dell’insieme, essere dentro questa cultura. Amo la Toscana perché logicamente ci vivo, il Chianti, le Terre di Siena, la Val d’Orcia ma anche piccole cantine, l’artigianalità, gli artigiani veri, che si sporcano le mani. E poi tante Cantine del Sud, lontani dagli effetti del modernismo, ma anche in Umbria ho trovato un piccolo gioiello, la Cantina della Tenuta di Saragano, i vini di Montefalco e il Sagrantino con il quale ho dipinto un quadro, gustando magnifici sapori con l’abbinamento del Rosso di Montefalco Doc e il Montacchiello Grechetto Doc della Tenuta di Saragano con i piatti tradizionali Umbri.

Ora ho “scoperto” l’aceto, un aceto “neonato”, insolito, l’aceto Pahontu dei Colli Euganei, zona insolita perché la patria dell’aceto è Modena, ma questa giovanissima Acetaia ha creato un prodotto splendido, che ho subito usato per dipingere. ….e dunque perché non usare anche l’aceto nell’Arte? ho reinterpretato in chiave contemporanea l’uso dell’aceto, portandolo dalla tavola alla tavolozza, dipingendo una donna con i suoi gioielli usando – al posto dei colori – l’aceto di vino Pahontu.

Chiediamo allo chef Filippo Cogliandro proprietario de L’Accademia a Reggio Calabria, oggi va di moda la Calabria? Da almeno tre/quattro anni a questa parte, è sulla bocca dei critici più smaliziati, più attenti ad intercettare le nuove tendenze. Prendiamo il bergamotto, il capocollo, la soppressata, il caciocavallo Silano, il pecorino Crotonese, l’olio ottobratico dell’Aspromonte, la cipolla di Tropea, la ‘nduja, il prodotto più contemporaneo che si possa trovare, il più trendy del momento.

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Filippo parlami del tuo territorio La Calabria – oggi – è stata scoperta dagli stranieri prima che dagli Italiani, da prestigiose testate straniere come il New York Times, il Los Angeles Times,  il Seattle Post, il Washington Post, la rivista svedese Dagens Nyheter (allegata al maggior quotidiano del Paese), il britannico The Guardian e tanti altri,   è terra perfetta per chi viaggia alla ricerca di luoghi che hanno prodotti che sanno “di casa”, familiari, autentici, dove ancora trovi il pastore, il mercato, oggi il turista vuole “scoprire” le peculiarità di un territorio, come ho fatto io che ho scoperto l’aceto, insolitamente prodotto nella zona dei Colli Euganei e non a Modena. E ho scoperto che l’aceto va quasi su tutti i prodotti della cucina, esaltandone il sapore, si abbina bene sul pesce, su crudi di pesce, sulle capesante grigliate, sui fichi caramellati, si sposa con la cipolla di Tropea, sui gamberoni, sul risotto mantecato…….A voi una mia ricetta di pesce usando anche l’aceto.

Simona Pahontu giornalista e comunicatrice, fondatore insieme a Mauro Mereghetti dell’Acetaia Pahontu: L’Acetaia Pahontu è l’unica acetaia che produce aceto di vino nei Colli Euganei in provincia di Padova ed è stata fondata da me, dando il mio cognome all’aceto, e da Mauro Meneghetti, restaurant Manager nel Gruppo Alajmo, sommelier formatore e docente del Master della Cucina Italiana. Il Progetto ha un nome – passione – perché l’Aceto Pahontu nasce con l’intento di valorizzare e nobilitare un prodotto, che come altri prodotti ritenuti umili, è sottovalutato e non sufficientemente valorizzato della cucina italiana. Tutto nasce dalla passione e dell’artigianalità per quello che dovrebbe essere riconosciuto a pieno titolo come un alimento, esattamente come lo è la materia prima dalla quale deriva, ossia il vino. Unicamente vini biologici e biodinamici senza solfiti aggiunti, rivelatori della mineralità e sapidità del terreno, espressione sincera e senza compromessi di un territorio vulcanico come i Colli Euganei.

Il prodotto finale è un aceto dal profumo complesso di sambuco, penetrante, gradevole e sapido, grazie alla mineralità tipica del terreno dei Colli Euganei, insieme ad un sapore agro ben equilibrato con sfumature vellutate e fruttate tipiche del moscato. Sono pochi i piatti cui non dia una spinta di sapore e vivacità grazie alla sua acidità e fragranza, utilizzandolo come ingrediente per la sua capacità di esaltare le sensazioni gustative, smussare i toni stucchevoli, dare profondità ai piatti, sollecitare il palato con sferzate ben modulate.


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